domenica 3 giugno 2012

Recensione: Hunger games - Il canto della rivolta





Forse sono state le alte aspettative che nutrivo per questo "gran finale" a non farmi apprezzare appieno i pregi che "Hunger games: Il canto della rivolta", comunque indubbiamente ha.
Probabilmente, quando ti aspetti una selva di fuochi d'artificio e l'accompagnamento di un'intera orchestra sinfonica a seguire i passi di un personaggio che hai comunque amato molto (così come io ho amato Katniss), e alla fine ti ritrovi invece con una pioggerellina di coriandoli stinti che ondeggiano incerti, e le noti di una mediocre canzoncina pop a fare da palliativo, un bruscolino di delusione proprio non puoi fare a meno di provarla!
Bé, anche più di un bruscolino, magari, nel mio caso! XD

"Hunger games: Il canto della rivolta", più o meno è strutturato così: per i tre quarti non succede assolutamente nulla (ricalca in questo, ma in peggio, molto in peggio,  lo stesso impianto narrativo da "sto-disperatamente-cercando-di-prendere-tempo-e-spero-con-tutto-il-cuore-che-non-ve-ne-accorgiate" adoperato dalla Collins in "La ragazza di fuoco), e poi comincia l'ultima parte, quella ambientata dentro l' "arena" di Capitol City. Un'idea brillante, senza dubbio: e di certo non sosterrò di non aver letto l'ultimo centinaio di pagine con interesse e frenesia sempre crescenti. Ma, per quanto mi riguarda, qui vale il detto "troppo poco, troppo tardi"! XD
La pecca più grande in quest'ultima parte? L'assenza, quasi integrale, di descrizioni di qualsiasi sorta: proprio quando si dovrebbe avere l'impressione di calare nel vivo dell'azione (finalmente!), infatti, la Collins ci lascia a vagare, miopi e disorientati, per le strade di una città di cui, tutto considerato, non sappiamo assolutamente nulla (e qui non so se la traduzione possa essere considerata co-responsabile, a dire il vero: per cercare di scoprirlo bisognerebbe aver letto anche l'edizione in lingua originale).

Veniamo ora ai personaggi. Katniss, in questo "Il canto della rivolta", più che mai, incarna il valore simbolico della Ribellione... anche troppo. Esagerando sotto molti punti di vista, più che arrivare a rappresentare l'incrollabile volontà di resistenza di un popolo oppresso, a me pare diventata in più punti l'esasperata caricatura di un'adolescente che per affermare la propria indipendenza deve disubbidire a tutti, in qualunque momento, a qualunque costo: così, a parte (giustamente) scrollarsi di dosso con silenziosa noncuranza buona parte dei tediosi doveri che gli antipaticoni del Distretto 13 (Plutarch, Fulvia, la Coin) cercano a piè sospinto di affibbiarle, finisce che si sente in obbligo di rivoltarsi anche contro se stessa o gli amici: nel libro precedente le dicevano che doveva sposare Peeta? E allora lei si scopriva tutta di colpo attratta da Gale. Qui, almeno all'inizio, non può neanche sperare di avvicinarsi a Peeta? E allora lei si vuole avvicinare, eccome. Diventa del tutto indifferente per l'opinione pubblica se lei alla fine sceglierà l'uno oppure all'altro? E ovviamente ecco che Katniss, per ispirazione divina, decide di volerli tutti e due. Oppure, in alternativa, nessuno dei due. E così via fino al finale! XD

Peeta. Che cosa dire di questo personaggio? Il bravo ragazzo per eccellenza, che in questo ultimo libro va incontro a enormi cambiamenti. Non è che il personaggio di Peeta mi dispiaccia di per sé: è che per colpa sua gran parte di questo e dei primi due libri diventano tediosi (perché lui è sempre in pericolo: come dico sempre, Katniss sarà anche la "Ragazza in Fiamme", ma lui di sicuro sarà ora e per sempre il "Donzello in Pericolo" XD), perché su Katniss agisce come un freno, se ne sta lì e diventa, per tutta una serie di motivi, la ragione principale per cui lei rimane nel Distretto 13 a rigirarsi i pollici, mente noi lettori rimaniamo in preda alla lacerante certezza che, nel frattempo, la vera azione si stia svolgendo da tutt'altra parte... ma noi non ne verremo mai messi a parte, comunque, perché siamo ancorati a Katniss (dalla sua ineludibile narrazione in prima persona) nel bene e nel male!

Gale. Nei primi due libri la sua presenza aveva aleggiato in maniera persistente, ma diciamo che, per forza di cose, non aveva mai avuto modo di concretizzarsi in un personaggio che potesse definirsi ben delineato e costante. Ne "il canto della rivolta" questa condizione cambia... ed è stato quasi uno shock scoprire che il famoso migliore amico di Katniss è piuttosto antipaticuccio e irritante, nella realtà dei fatti, e che quasi quasi Peeta, con tutti i suoi pianti e i piagnucolosi sospiri, era più sopportabile! XD

Haymitich. Lo adoravo nel primo libro, ma qui ha un ruolo del tutto inutile. Mi sembra l'improbabile voce della coscienza di un Grillo Parlante ancora più improbabile (e snervante) del solito! XD

I miei due personaggi preferiti in questo libro? Johanna Mason e, soprattutto, Finnick Odair. Lei è l'unica in grado di cantarle a Katniss, e di risultare in qualsiasi momento ancora più scostante, caustica e ribelle della nostra sempre indomita (ma un bel po' sotto tono, in questo terzo libro) Ghiandaia Imitatrice. E Finnick riesce a suscitare nel lettore una gran carica di simpatia, secondo me: per il suo carattere solo apparentemente solare, ma in realtà screziato da molte ombre; per il suo passato tormentato; per la sua umanità e la grande devozione che porta all'unico amore della sua vita, la giovane e squinternata Annie.

Ah, e naturalmente (stavo quasi per dimenticarlo, come ho potuto?), alla fine bisogna assolutamente citare anche il gatto Ranuncolo: un gran bel personaggio anche questo, ovviamente nell'ottica della dinamica dei complicati rapporti che lo legano a Katniss... che lo "sopporta" con palese antipatia, da un certo lato, ma lo protegge comunque e sempre, dichiaratamente solo per amore della sorellina Prim.
Ranuncolo è un gatto selvaggio, indipendente, un gatto sempre pronto a soffiare in faccia a tutti per autodifesa o per cercare di fare da scudo, col suo stesso corpo, a Prim, contro qualsiasi pericolo proveniente dal mondo esterno arrivi a minacciare la dolce ragazzina... proprio come Katniss. Per questo lei prova avversione nei confronti del gatto, io credo. Perché per buona parte del libro (così come dei due volumi precedenti), Katniss si crogiola in un paiolo di rabbia e autocommiserazione e disgusto verso se stessa, tutte emozioni legate ovviamente ai suoi trascorsi nell'arena, alle azioni che ha dovuto compiere per poter sopravvivere; manifestare e professare apertamente una certa ben radicata e contrastante avversione nei confronti di Ranuncolo (nell'universo parallelo di cui Pullman ci raccontava in "Queste oscure materie", senz'altro Ranuncolo sarebbe stato il vero daimon di Katniss, non certo una chiacchierina Ghiandaia Imitatrice... ) le sembra pertanto la cosa più naturale e logica del mondo.

In conclusione: un romanzo da cui mi aspettavo di più (molto di più), ma che si pone comunque a coronamento di una trilogia avvincente e ricca di umanità, che mi ha personalmente regalato molte emozioni e tante ore di piacevole lettura. La Collins è una narratrice straordinariamente abile, in grado di incantare i lettori e trascinarli in un vortice di sensazioni irrigate da risvolti tematici attualissimi e sempre interessanti, ma che d'altra parte risente anche di alcuni difetti a livello stilistico: la scarsa lungimiranza nel bilanciare la struttura narrativa di ogni libro e la tendenza a liquidare sbrigativamente alcuni risvolti che evidentemente a lei non interessano più di tanto ne sono, secondo me, dei chiari sintomi!


Giudizio personale: 6.5/10


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